mercoledì 9 febbraio 2011

Il cast dei personaggi - #2 - motivazioni, dinamica e cambiamento

Continua la serie di post dedicata alla creazione dei personaggi. Il primo post parlava di unità del cast. Qui si parla delle forze che, attraverso i personaggi, muovono la trama. Sono riflessioni in libertà, fatte sulla base delle mie letture di questo periodo. Insomma, condivido volentieri con i lettori di LGQ quello che sto imparando (o che credo di imparare), senza nessuna pretesa didascalica. Inevitabilmente si insinuerà qualche osservazione banale - per me è più o meno tutto nuovo. I commenti poi sono lì apposta per ogni spunto critico.

Squilibrio
In natura il movimento è causato da una qualche forma di squilibrio. Il concetto è intuitivo.
Lo squilibrio tra aree di alta e bassa pressione atmosferica causa i venti, che sono il motore delle perturbazioni. Squilibrii energetici causano, in presenza della giusta energia di attivazione, lo scatenarsi delle reazioni chimiche.
Lo stesso, leggo da più parti, vale per una storia.
In presenza di uno squilibrio le cose si mettono in moto, così da recuperare, alla fine, un nuovo equilibrio. Lo squilibrio può essere causato da un personaggio (lo scompiglio portato nel gruppo da un nuovo arrivato, un atto violento, un complotto ben ordito) o da un evento esterno (un'eruzione vulcanica, una pioggia di meteoriti provenienti da un lontano pianeta, gli effetti di una guerra, l'apertura di un portale verso il mondo dei demoni).
Ma la reazione all'evento deve arrivare dai protagonisti. La storia si deve muovere tramite i personaggi.

Motivazioni
Per mettersi in moto in reazione a un evento che genera squilibrio, i personaggi devono avere dei buoni motivi. La motivazione ad agire è per lo più un fatto interiore.
La cosa si fa interessante: un evento esterno genera uno squilibrio. Alcuni personaggi motivati, per ragioni personali, a rigenerare l'equilibrio iniziale (o a trovarne uno nuovo), si mettono in moto e trascinano gli eventi successivi, in una sequenza di azioni e reazioni che portano la storia alla sua conclusione.
La chiave sembra dunque essere questa: l'evento che genera squilibrio deve toccare le motivazioni personali dei protagonisti. Molti testi utilizzano espressioni più alate, ma la chiave comunque sembra essere: il tema della storia deve risuonare con il carattere dei personaggi.
In altre parole, una particolare storia ha quel tipo di protagonisti perché, per come sono fatti, sono quelli più adatti a rispondere al richiamo dell'incidente che dà inizio allo squilibrio.
Ribaltando la faccenda: i personaggi vanno costruiti in modo che i loro tratti, il loro carattere, li rendano più verosimilmente reattivi al tema della storia, di cui l'incidente iniziale è la prima manifestazione.

Il fatal flaw
Il termine è onnipresente in letteratura e sono sicuro che ne avete sentito parlare in qualche modo. Il concetto è che un buon personaggio deve avere una grossa mancanza, una colossale debolezza caratteriale, che lo renda particolarmente adatto al "richiamo" della storia.
Deve essere qualche cosa di evidente e dominante, qualcosa di quintessenziale. Per rispondere bene a una storia che parla, che so, del valore dell'autostima, il protagonista deve essere un evidente insicuro. Se il tema è la forza salvifica dell'amore, molto meglio se il protagonista è un cinico apparentemente inguaribile.
Il pattern sembra essere insomma quello degli opposti che si attraggono. Perchè il richiamo della storia nei confronti dell'eroe è il richiamo alla consapevolezza e al cambiamento. E, proprio come per lo squilibrio che si crea all'inizio della narrazione, la risposta del personaggio è tanto più forte quanto più ampio è il suo "vuoto" interiore, che deve essere colmato.


L'arco di trasformazione del personaggio

Dunque il protagonista della storia (e magari in misura minore anche gli altri personaggi) devono uscire trasformati dopo aver percorso l'arco narrativo. Lo schema tipico è dunque più o meno il seguente: il nostro eroe si trova in un momento di stallo della sua vita. Non è felice o si illude di esserlo, ma le sue piene potenzialità sono ben lontano dall'essere compiute. Una qualche mancanza, un vuoto, un'incompletezza profonda gli sono di ostacolo per capire chi è veramente e quale è il suo posto nel mondo. Poi interviene qualcosa di esterno, un incidente iniziatore, causato da un evento o da un antagonista. Il mondo del protagonista è sconvolto. L'eroe prima subisce gli eventi, poi comincia a reagire. E reagisce mettendo in campo tutte le sue energie perchè riconosce, consapevolmente o meno, che questo evento è l'occasione per compiere il suo viaggio eroico alla scoperta di sé stesso. In qualche modo lo sconvolgimento nel mondo del protagonista è la cosa peggiore che può capitargli, ma è anche quella che, se impugnata, può diventare la cosa migliore che gli è capitata - almeno nella visione holliwoodiana del racconto eroico.

C'è molto della visione ottimistica (posso dire edonistica e autopoietica?) della cultura americana in questo schema.
Però c'è anche qualcosa di intrinsecamente umano, dato che, in buona sostanza, questi passaggi sono, più o meno, gli stessi presenti nei mitici "viaggi eroici" presenti in quasi tutte le culture umane. Ne abbiamo parlato tanto anche su LGQ, anche se molto in chiave "gdr" e la bibliografia è molto ampia (per un'infarinatura veloce, Il viaggio dell'eroe su wikipedia è un ottimo punto di partenza, ma anche la voce su Vladimir Propp e sulla fiaba)

Cambiare è difficile, ci proviamo tutti prima o poi, ma il percorso è davvero avido di successi. Cambiare in direzione della propria vera natura è un tema affascinante. Di questo (anche) parlano le storie e per questo ci piace ascoltarle - o raccontarle.

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